Con una recente pronuncia la Cassazione ha statuito che le mance percepite da un lavoratore durante la propria attività lavorativa sono interamente soggette a tassazione.
In specie, il supremo Consesso – ribaltando l’esito del precedente grado di giudizio (la Commissione tributaria regionale, a cui si era rivolto il contribuente, aveva dato ragione al lavoratore) – ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate contro il capo di ricevimento di un hotel di lusso, affermando che «In tema di reddito da lavoro dipendente, le erogazioni liberali percepite dal lavoratore dipendente, in relazione alla propria attività lavorativa, tra cui le cosiddette mance, rientrano nell’ambito della nozione onnicomprensiva di reddito fissata dall’art. 51, primo comma, del d.P.R. n. 917/1986, e sono pertanto soggette a tassazione».
Nel merito la Cassazione – richiamando quanto asserito in un caso analogo a quello di specie (risalente al 2006 e avente ad oggetto le mance percepite da un croupier) – ha ribadito come “l’onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente giustifica la totale imponibilità di tutto ciò che il dipendente riceve, anche, quindi, come nel caso in esame, non direttamente dal datore di lavoro, ma sulla cui percezione il dipendente può fare, per sua comune esperienza, ragionevole, se non certo affidamento”.
In sintesi, con tale pronuncia, la Cassazione ha statuito come l’articolo 51 del Testo unico delle imposte sui redditi prevede una nozione onnicomprensiva di reddito da lavoro dipendente “diversa e più ampia di quella di retribuzione”, riconoscendo di conseguenza la possibilità di tassare tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, collegate al rapporto di lavoro, e quindi anche le mance.
Tuttavia, la questione è ancora aperta dal momento che i giudici tributari regionali dovranno riesaminare il caso, valutando l’interpretazione delle norme da parte degli Ermellini.