Effetti della nomina del commissario ad acta, in relazione alla permanenza del potere di provvedere in capo all’Amministrazione

 Con la sentenza n. 8 del 2021, l’Adunanza Plenaria si è pronunciata sugli effetti della nomina del commissario ad acta, in relazione alla permanenza del potere in capo all’Amministrazione.

La sezione remittente ha sottoposto al Supremo Consesso due questioni di diritto, interrogandosi: dapprima, sul se la nomina del commissario ad acta (disposta ai sensi dell’art. 117 co.3 c.p.a.) oppure il suo insediamento comportino – per l’amministrazione soccombente nel giudizio proposto al silenzio – la perdita del potere di provvedere sull’originaria istanza, e dunque se l’amministrazione possa intervenire tardivamente rispetto al termine fissato dal giudice amministrativo, fino a quando il commissario ad acta eserciti il potere conferito  ( e, nell’ipotesi affermativa, quale sia il regime giuridico dell’atto del commissario ad acta, che non abbia tenuto conto dell’atto tardivo ed emani un atto con questo incoerente); successivamente, quale sia il regime giuridico dell’atto emanato tardivamente dall’amministrazione, per il caso in cui si ritenga che sussista – a partire da una certa data – esclusivamente il potere del commissario ad acta.

Di fronte a tali interrogativi, l’Adunanza Plenaria ha affermato come l’amministrazione, che è risultata soccombente in sede giudiziale,  non perde il proprio potere di provvedere, pur in presenza della nomina e dell’insediamento di un commissario ad acta al quale è conferito il potere di provvedere per il caso di sua inerzia nell’ottemperanza al giudicato ( ovvero nell’inadempimento di quanto nascente da sentenza provvisoriamente esecutiva ovvero da ordinanza cautelare), e fino a quando lo stesso non abbia provveduto.

Fino a tale momento, dunque, si verifica una situazione concorrente di esercizio del potere dell’amministrazione, che ne è titolare ex lege, e da parte del commissario, che, per ordine del giudice, deve provvedere in sua vece.

Da quanto innanzi esposto, l’Adunanza Plenaria ha ricavato tre principi di diritto:  

a) il potere dell’amministrazione e quello del commissario ad acta sono poteri concorrenti, di modo che ciascuno dei due soggetti può dare attuazione a quanto prescritto dalla sentenza passata in giudicato, o provvisoriamente esecutiva e non sospesa, o dall’ordinanza cautelare fintanto che l’altro soggetto non abbia concretamente provveduto;


b) gli atti emanati dall’amministrazione, pur in presenza della nomina e dell’insediamento del commissario ad acta, non possono essere considerati di per sé affetti da nullità, in quanto gli stessi sono adottati da un soggetto nella pienezza dei propri poteri, a nulla rilevando a tal fine la nomina o l’insediamento del commissario.

c) gli atti adottati dal commissario ad acta non sono annullabili dall’amministrazione nell’esercizio del proprio potere di autotutela, né sono da questa impugnabili davanti al giudice della cognizione, ma sono esclusivamente reclamabili, a seconda dei casi, innanzi al giudice dell’ottemperanza, ai sensi dell’art. 114, co. 6, c.p.a. ovvero innanzi al giudice del giudizio sul silenzio, ai sensi dell’art. 117, co. 4, c.p.a.


d) gli atti adottati dal commissario ad acta dopo che l’amministrazione abbia già provveduto a dare attuazione alla decisione, ovvero quelli che l’amministrazione abbia adottato dopo che il commissario ad acta abbia provveduto, sono da considerare inefficaci e, ove necessario, la loro rimozione può essere richiesta da chi vi abbia interesse, a seconda dei casi, al giudice dell’ottemperanza o al giudice del giudizio sul silenzio.

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