Quanto può essere penetrante la discrezionalità del Ministero della Cultura sui vincoli paesaggistici?

Il Comune di C.B intende ampliare il cimitero posto nella località di S. M. a D. I condomini dell’omonimo borgo, posto nelle immediate vicinanze, paventano però lo stravolgimento del luogo e per questo richiedono, con il supporto legale dello Studio Lessona,  l’intervento della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo competente territorialmente nonché la Regione Toscana in sede di copianificazione paesaggistica.

In assenza di tempestivo riscontro della Soprintendenza e della Regione Toscana in sede di copianificazione, il Condominio ha comunicato il pericolo di intervento sul territorio interessato dall’ampliamento del cimitero di Dofana al Ministero della Cultura, il quale, dopo un primo atto di indirizzo rivolto alle Amministrazioni locali, nel protrarsi dell’inadempimento all’istruttoria sul vincolo, ha avviato il procedimento in virtù della massima discrezionalità che le compete. Il MiC non si è limitato ad accertare il valore paesaggistico del limitato ambito circostante il Cimitero, ma ha esteso il vincolo paesaggistico a un’area molto più estesa, pari a 910 ettari. Tale vincolo non solo implica un generale divieto di nuova edificazione e sostituzione edilizia, ma proibisce altresì di modificare la destinazione degli annessi agricoli, di realizzare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, di apportare incrementi volumetrici o modifiche della configurazione degli edifici rurali.

Il Comune reagisce impugnando in due ricorsi, successivamente riuniti, l’avvio del procedimento di apposizione del vincolo ed il vincolo stesso, con intervento adesivo della Regione Toscana, lamentando l’eccessiva estensione di un vincolo così stringente per irragionevolezza e per violazione del giusto procedimento nonché per violazione del principio di leale collaborazione in materia paesaggistica.

Inoltre il provvedimento impugnato sarebbe stato viziato da eccesso di potere per sviamento: la disciplina di vincolo del cimitero sarebbe priva di connotazioni paesaggistiche, avendo come unico effetto quello di comprimere le facoltà di intervento edilizio del Comune, in conformità con le ragioni sottese alle istanze del vicino Condominio.

Il TAR rigetta le doglianze del Comune, prendendo posizione in maniera molto puntuale sulla vicenda. Il vincolo apposto non risulta affatto generico e sovradimensionato. Ad essere allo stesso tempo, apodittiche e generiche sono le doglianze del Comune “nella misura in cui si risolvono nella negazione, astratta, dell’unitarietà paesaggistica del contesto vincolato”. Al contrario gli argomenti posti a sostegno del provvedimento, evidenzia il TAR attraverso una scrupolosa disamina, sono solidi. Tanto meno la Soprintendenza ha fatto confusione tra tutela paesaggistica e culturale che, per altro, possono tranquillamente concorrere. Né il vincolo paesaggistico è stato impropriamente utilizzato in luogo di più idonei vincoli indiretti: come emerge dal provvedimento tale vincolo non è giustificato soltanto dagli immobili monumentali presenti, ma dalle caratteristiche dell’intero ambito territoriale, là dove è palese che la tutela paesaggistica non sia “pregiudizialmente incompatibile con la cospicua estensione del territorio interessato”. Anche le limitazioni introdotte dal vincolo, per quanto ritenute troppo stringenti dal Comune, sono invece del tutto legittime e coerenti alla necessità di tutela paesaggistica, come ben evidenziato nel provvedimento.

Per quanto riguarda, infine, il tema della mancata concertazione, il TAR ha evidenziato che l’art. 138, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio riserva al Ministero dei beni culturali il potere di dichiarare il notevole interesse pubblico dei beni paesaggistici, previo motivato parere della Regione interessata da esprimersi entro e non oltre trenta giorni dalla richiesta (vds. Corte Cost. n. 164/2021). Se nulla vieta che le Regioni siano coinvolte nella identificazione dei beni degni di tutela, alla luce del dettato costituzionale il loro intervento è finalizzato “ad arricchire il catalogo dei beni paesaggistici, in virtù della conoscenza che ne abbia l’autorità più vicina al territorio ove essi sorgono”, non certo ad “alleggerirlo in forza di considerazioni confliggenti con quelle assunte dallo Stato, o comunque mosse dalla volontà di affermare la prevalenza di interessi opposti, facenti capo all’autonomia regionale”.

In sintesi, il potere di vincolo del Ministero ha la propria fonte nella legge, mentre la mancanza del parere della Regione non vizia il provvedimento che va a tutelare il bene paesaggistico. Con questa nitida presa di posizione, i ricorsi del Comune di C.B. sono stati rigettati.