Il rincaro del prezzo dell’energia può portare ad una revisione del contratto?

Dopo l’emergenza sanitaria, il conflitto bellico in atto in Europa ha nuovamente alterato gli scenari economici e finanziari del nostro Paese con evidenti riflessi sulla stabilità dei contratti.

Infatti, come accaduto durante l’emergenza sanitaria (ed in particolare con riferimento ai contratti di locazione), la giurisprudenza si è trovata ancora una volta chiarire se l’eccessivo aumento dei prezzi, questa volta dovuto alla guerra tra Russia e Ucraina, possa portare all’adozione del rimedio risolutorio previsto dall’art. 1467 c.c. o, ove ne sussistano i presupposti, ad una rinegoziazione del contenuto contrattuale alla luce dei principi di correttezza e buona fede.

Sul punto si è di recente pronunciato il Tribunale di Arezzo che, richiamando un orientamento già espresso dai Tribunale di Roma e Milano, ha riconosciuto come la parte che risulta svantaggiata dal mutato quadro economico per fatti quali quelli di cui si è detto (rectius: l’attuale conflitto bellico tra Russia e Ucraina) ha la facoltà di rinegoziare il contenuto del contratto o, ove ciò non fosse possibile, richiederne la risoluzione secondo quanto previsto dalla disciplina civilistica di cui all’art. 1467 c.c.

Più in dettaglio, la vicenda presa in esame riguarda un ricorso presentato d’urgenza, ex art. 700 c.p.c., da un soggetto che, in forza di “un contratto di fornitura di servizi di deposito stoccaggio e movimentazione merci”, aveva assunto l’obbligazione di custodire nelle proprie celle frigorifere i beni dell’altro per un corrispettivo la cui misura, concordata nell’aprile 2021, non aveva certo tenuto dei conti dei costi attuali dell’energia.

In tale occasione, il giudice monocratico – avallando un orientamento che presumibilmente andrà sempre più a consolidarsi – ha riconosciuto come il rincaro dell’energia dovuto al conflitto bellico in corso in Europa rientri senz’altro tra gli eventi “straordinari ed imprevedibili” di cui all’art. 1467 c.c., superando l’ambito della normale alea contrattuale e rendendo possibile la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità.

A ciò, il giudice ha aggiunto come il mutato quadro economico per le ragioni di cui si è detto può portare ad una rinegoziazione delle condizioni contrattuali, salvo l’impossibilità della parte che “subisce” di poter agire in giudizio per ottenere un’equa rettifica delle condizioni contrattuali.

In altri termini, la parte che subisce se, da un lato, può agire in giudizio per la risoluzione del contratto, invocando l’art. 1467 c.c., dall’altro, non ha diritto a richiedere innanzi ad un giudice l’equa rettifica delle condizioni contrattuali.

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