Con una recentissima sentenza, la Corte di Cassazione ha statuito l’importante principio per cui la registrazione di conversazioni tra un dipendente e i suoi colleghi presenti, fatta all’insaputa dei conversanti, può essere legittimamente utilizzata ove necessaria per far valere un diritto.
La conclusione raggiunta è frutto di un dichiarato bilanciamento tra due contrapposte istanze: da un lato, quella di riservatezza e, dall’altro lato, quella di tutela giurisdizionale dei diritti.
A tal riguardo, la Corte ricorda come sia lo stesso art. 24 del D.lgs. 196 del 2003 a permettere di prescindere dal consenso dell’interessato quando il trattamento dei dati, pur non riguardanti una parte del giudizio, sia necessario per far valere o difendere un diritto, chiaramente a condizione che essi siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento.
Da tale considerazione, la Suprema Corte ha concluso ritenendo che la condotta di registrazione di una conversazione tra presenti, ove rispondente a necessità conseguenti al legittimo esercizio del diritto di difesa, non integri di per sé un illecito disciplinare.